Il movimento, nel metodo Feldenkrais®, è concepito come un processo di conoscenza del sé, che attraverso una ricerca di consapevolezza, porta ad un benessere fisico e mentale. E’ stato infatti il movimento, il filo conduttore del mio incontro con Luca.
L’Associazione Italiana Sclerosi Multipla della mia città ha promosso per i suoi associati la pratica del Metodo Feldenkrais®.
Così ho incontrato Luca. Lui è entrato nel mio studio e io nella sua vita.
La storia di Luca
Luca ha 63 anni e soffre di sclerosi multipla cronica progressiva da quando ne aveva 50. Ora è in pensione, dopo aver lavorato in banca per 37 anni. E’ stato molto sportivo, ha giocato a calcio in una squadra dilettantistica per anni. E’ sposato e ha due figlie.
Entra nel mio studio in carrozzina, accompagnato dalla moglie. E’ robusto e porta gli occhiali. La sua testa incassata nel torace pende leggermente a destra, come volesse carpire il mio pensiero attraverso le lenti spesse. Mi osserva curioso e paziente, ricurvo su di sé, il torace afflosciato e le mani aggrappate ai braccioli con la paura di lasciare andare la presa.
Con voce nasale, trattenendo il respiro, Luca si esprime in modo poco comprensibile. Con lo sguardo chiede aiuto alla moglie che ripete pazientemente quello che lui stenta a dire. Sento la fatica del suo respiro, della sua voce che ha bisogno di aria e che lui sembra voler trovare ‘arpionandosi’ ai braccioli.
Lei lo accudisce in tutto; lo sorregge negli spostamenti dalla carrozzina al lettino, gli toglie scarpe e occhiali, gli sfila il golfino, gli asciuga la fronte. E’ sempre lì, pronta ad intervenire ad ogni bisogno di Luca. Vorrei fermarla ma non posso, sarebbe come togliere l’onda al mare, come negare il senso al loro amore.
Mani grandi e forti
Mentre mi raccontano di farmaci, di visite specialistiche, di esiti degli esami clinici con chiarezza e proprietà di termini, osservo Luca. Sono soprattutto le sue mani che attirano la mia attenzione, ruotate all’esterno con il palmo rivolto in basso. I suoi gomiti sono piegati e distanti dai braccioli, le dita sono unite, allungate e tese. Sono mani grandi e forti.
A cosa gli servono mani e braccia così? Quale uso fa della forza che ha nelle mani?
Luca usa le braccia e le mani per tirare verso di sé, stringere forte i braccioli, aggrapparsi alla moglie Sara per alzarsi, tenere, trattenere, afferrare. Luca e Sara danzano una danza impari dove lei sostiene lui, lui si aggrappa a lei.
Luca ha muscoli molto forti ma male utilizzati. L’uso che ne fa, non lo aiuta a muoversi, bensì lo inchioda nella carrozzina, richiede la stessa forza che ci vuole per muovere un automobile con il freno a mano tirato. Luca conosce solo la funzione di aggrapparsi e tirare, non quella di appoggiarsi e spingere. Se gli metto una pallina da tennis in mano, lui la stringe forte, ma non è in grado di lasciarla cadere. Se gli tendo una mano lui la stringe e mi tira verso di lui.
Gli è scomparsa la capacità di allungare, spingere, aprire, sostenere, appoggiare.
Una schiena dimenticata
L’inizio di ogni incontro è un percorso al buio. Con la curiosità ignara di un bambino, dove tutto e nulla può accadere, esploro le sue possibilità di movimento. Sento la sua schiena massiccia rimanere incollata allo schienale della carrozzina, non si muove. E’ una schiena dimenticata!
Luca non ha più alcuna idea di cosa significhi usare il proprio peso in risposta alla forza di gravità. Per lui è solo qualcosa che lo trascina verso il basso e a cui reagisce aggrappandosi a qualunque sostegno gli viene offerto, mentre per la comprensibile paura di cadere, le sue gambe si distendono e si irrigidiscono. Per Luca il suo peso è solo un ostacolo, un problema da cui difendersi, che può solo trascinarlo a terra.
“ Puoi, in qualunque momento della tua vita re-imparare qualsiasi cosa tu desideri”
(Moshe Feldenkrais)
Re-imparare a muoversi
Ho dato a Luca diverse lezioni di Integrazione Funzionale® che gli hanno permesso di re-imparare come rispondere alla forza di gravità riscoprendo la funzione di sostegno dello scheletro, di come usare il suo peso e non subirlo. Questa consapevolezza gli ha consentito di raggiungere una più stabile e autonoma stazione eretta. Ha imparato come alzarsi dalla carrozzina e sedersi sul letto, e viceversa, senza più caricare tutto il suo peso sulla moglie, ma stando in piedi sulle sue gambe. Il pavimento è diventato uno strumento di sostegno, un amico fidato, non più un posto dove rischiare di cadere. Mentre la fiducia in sé stesso lentamente cresceva, diminuiva la sua paura di cadere e la necessità di aggrapparsi.
Il movimento è vita
Ho visto Luca sorridere dopo avere ritrovato la vitalità della sua schiena che, come una perfetta architettura dinamica, portava movimento alle gambe e alle braccia. Gradualmente l’immagine che lui aveva di sé si completava attraverso dei movimenti che prevedevano l’appoggio e la spinta e non solo afferrare e tirare.
Aneddoti della sua vita, che lui raccontava con voce più chiara e limpida, hanno arricchito i nostri incontri di minuti preziosi e indimenticabili.
Ad ogni conquista l’ho visto sorridere. La sua gioia di aver fatto l’impensabile è diventata anche la mia.
Una conquista che ha reso la vita più facile anche a sua moglie che racconta di come sia diventato molto meno faticoso aiutarlo in casa: alzarsi dal letto, lavarsi, fare le scale.
Come diceva M. Feldenkrais : “ Il movimento è vita. Se migliori la qualità dei movimenti migliori la qualità della vita”